Un tempo, nella fase dei media tradizionali, non tutti potevano raggiungere un pulpito da cui giudicare pubblicamente gli altri. Solo certi giornalisti, certi registi, certi conduttori televisivi, oppure i leader politici e sindacali potevano sfruttare la comunicazione di massa per esprimere critiche, condanne e censure. La gran massa restava solo destinataria di messaggi unidirezionali da parte di figure con cui non poteva direttamente interagire. Anche negli anni dell’assemblearismo movimentista la comunicazione rimaneva spesso unilaterale. Occorreva coraggio e occorreva «metterci la faccia» personalmente per manifestare, affermare o dissentire nei confronti di un pubblico, il più delle volte intollerante e, comunque, di vastità non oceanica.
La comparsa dei social-network, invece, ha offerto potenzialmente a tutti di avere, almeno in teoria, un vasto pubblico, cui indirizzare la propria momentanea opinione sulla più disparata varietà di argomenti. Apparentemente parrebbe una grande conquista di libertà e democrazia, ma a guardare a fondo si scopre ben altro.